Che Rovigo sia una città ovale è un concetto universalmente riconosciuto, forse uno dei pochi motivi per cui questa città è ricordata sia in ambito nazionale che internazionale.

Sabato sera dopo 26 lunghissimi anni di attesa lo scudetto è tornato al Battaglini, al termine di 80 minuti di battaglia vera contro gli ormai “usuali” rivali del Calvisano.

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Mi piacerebbe riuscire a tradurre con le parole le sensazioni che ho vissuto e che ho visto vivere dalla mia città.

Inutile nasconderlo, la grandissima attesa per la finale era anche condita dalla paura: troppe le volte in cui la squadra era “mancata” nell’ultimo passo, perdendo ben 4 finali in 5 anni, 3 delle quali al Battaglini. Nonostante questo la caccia al biglietto è stata incredibile. Lo stadio era vicino al “soldout” dopo poche ore dall’inizio della prevendita.

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La città intera cominciava colorarsi di rossoblù, ogni giorno di più, ogni giorno qualcuno aggiungeva qualcosa. In tutti i bar, i negozi, nelle scuole e nei vari punti di ritrovo impossibile parlare d’altro.  Impossibile fare due passi in centro senza che qualcuno ti avvicinasse per il classico “me raccomando!”.

Non c’era modo di non avvertire questa “vibrazione”.

Si è deciso che la squadra andasse in ritiro qualche giorno per mantenere il più possibile la tranquillità ed evitare che l’ebollizione della città potesse aumentare lo stress.

Sabato pomeriggio sono partito dal ritiro in direzione stadio prima della squadra, per preparare lo spogliatoio ed il locale medico. L’avvicinamento al Battaglini è stato a dir poco commovente. Solo persone vestite di rossoblù, di tutte le età; chi la maglia, chi la bandiera, nonni con i nipotini, ragazzi; file ai cancelli già 4 ore prima del kickoff. Uno spettacolo.

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Quasi 7000 persone al Battaglini, come se San Siro potesse ospitasse 450000 tifosi di Milan o Inter.

Poi la partita, e la vittoria.

Un’esplosione di gioia indescrivibile. Un’invasione di campo bellissima, perché il sentimento doveva tradursi in un contatto con la squadra. I giocatori, lo staff, gli addetti ai lavori, tutti impazziti di gioia.

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Le lacrime di gioia che ho visto negli occhi delle persone di ogni età rimarranno per me un ricordo indelebile.

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Un aspetto straordinario è che questi sentimenti sono avvertiti allo stesso modo anche da giocatori stranieri o comunque non nati qui. Per citarne uno, la nostra seconda linea Perry Parker, giocatore inglese abituato in passato a  ben altri scenari, commosso dopo la premiazione mi ha detto “tutto questo è straordinario, ho giocato anche davanti a 50000 tifosi, ma non ho mai provato un’emozione così: è un posto magico e la gente è speciale; fino ad oggi il rugby era stato solo il mio lavoro, ora ho capito essere la mia vita, grazie”.

Credo che il nostro Presidente e tutti quanti si impegnano ogni giorno per la Rugby Rovigo debbano essere orgogliosi di alimentare questo straordinario sentimento che lega la gente di Rovigo alla sua squadra. Si parla di passione, di amore, ma io credo che la giusta definizione sia DEVOZIONE.

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Lo scudetto è tornato a casa!