E’ iniziata ieri l’ottava Coppa del Mondo di Rugby, edizione inglese, Inghilterra da dove tutto ebbe inizio. Nel 1823 infatti uno studente della cittadina di “Rugby” di nome William Webb Ellis, durante una partita di calcio, raccolse il pallone con le mani e corse verso la porta avversaria dove segnò la prima “meta” della storia. Da quel gesto nacque il nostro meraviglioso sport, nacquero valori che quasi per magia ritroviamo intatti nella loro intensità a quasi due secoli di distanza.
Ambasciatore di questi valori e vero alfiere azzurro è Mauro Bergamasco.

Mauro è al suo quinto mondiale, questo significa 20 anni di attività nel rugby di alto livello, è il secondo giocatore nella storia a riuscire in quest’impresa dopo il samoano Brian Lima. Il rugby di Mauro è molto fisico, aggressivo, il suo ruolo (il flanker) è uno di quelli più usuranti, soprattutto quando interpretato senza risparmi, alla “BergaMauro” maniera. La sua carriera, i suoi successi, le squadre dove ha militato sono ben noti a tutti gli appassionati di rugby, italiani e non.
A me interessa sottolineare i suoi valori.
Mauro è un esempio, per dedizione, serietà, passione, equilibrio, determinazione e semplicità. Da sempre impeccabile ad ogni allenamento, sempre con gli occhi ai suoi obiettivi, rispettoso delle regole e dei compagni, il gruppo come vocazione. A mio parere sempre equilibrato anche nella notorietà che i il suo successo da sportivo gli ha portato.

Nella sua carriera molti momenti difficili: infortuni, interventi chirurgici, appannamenti di rendimento… ma mi piace ricordarne uno in particolare, che riguarda l’ambito tecnico. Ricorderete quando nel 2009 fu schierato come mediano di mischia. Fu un esperimento voluto dall’allora Head Coach Nick Mallet. Eravamo al 6 Nazioni, non proprio in un torneo della parrocchia. Proprio al Twickenham di Londra, dove stasera i ragazzi sfideranno la Francia, Mauro dovette affrontare uno dei momenti più difficili della sua carriera: un primo tempo da numero 9 contro l’Inghilterra che esaltò purtroppo la sua non attitudine per quel ruolo. Molti errori, davanti a 80.000 persone nel Tempio del Rugby europeo. Fu sostituito a fine primo tempo. Non dimenticherò mai la sua disperazione negli spogliatoi. In tanti non si sarebbero più rialzati dopo una batosta del genere. Lui ricominciò a lavorare duro, come sempre e quell’amarezza fu presto solo un ricordo.
Questa interpretazione del rugby (e della vita..) nasce senza dubbio da una sua predisposizione alla sfida, ma è stata infusa in maniera profonda dalla sua famiglia: il grazie a Lorenza ed Arturo per i valori che hanno saputo trasmettere a Mauro è un dovere per ogni appassionato di rugby italiano. C’è da andarne fieri.

Scrivo e penso tutto questo “al netto” dell’amicizia che ci lega da molti anni. Da amico e da fisioterapista sono orgoglioso di aver condiviso con lui tante battaglie sul campo e due edizioni della Coppa del Mondo, in Francia nel 2007 ed in Nuova Zelanda nel 2011, esperienze uniche da cui restano sensazioni e ricordi indissolubili.
L’intero mondo della palla ovale si stringe intorno al torneo per eccellenza, quello che decide qual’è la nazione più forte del mondo; epiche sfide sul campo in un clima di festa ed euforia generali, con le consuete “unioni di colori” sugli spalti e per le strade delle città, esaltate alla massima potenza.
In questo clima magico di un Mondiale che sento un po’ anche mio, la cosa che credo possa fare la differenza è il gruppo, valore assoluto di questo sport.
“Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile”.
Grazie Mauro… e “ROCK & ROLL ITALIA!”